Raccogliere un ortaggio, passeggiare in un bosco, assaggiare un pane appena sfornato: riavvicinarsi alla sacralità della natura per riappropriarsi della vita autentica, oltre il consumismo

Tommaso Carmenati | custode presso il Centro di Ecologia Applicata Autosufficienza

Ci troviamo di fronte a un bivio. La direzione verso cui scegliamo di volgere il nostro sguardo determinerà anche il futuro dell’essere umano.

In un momento storico come questo, caratterizzato da un’incertezza praticamente trasversale ad ogni ambito della società, da quello economico a quello sanitario, dall’acqua al cibo, dal clima all’ambiente, attuare un’estenuante caccia al colpevole ci solleverebbe da un’assunzione di responsabilità. Colpa delle multinazionali o di alcuni banchieri? Non si sa. E non c’è neanche la certezza che mai si saprà.

La realtà è che qualunque potere forte si alimenta attraverso le scelte quotidiane, consapevoli o inconsapevoli, dei singoli individui. Perché quindi non porre l’attenzione su ciò che possiamo migliorare in noi stessi e su cui, dunque, abbiamo pieni poteri?

Dal sacro al consumo

Fermiamoci un attimo a riflettere: le nostre scelte in realtà derivano dal grado di equilibrio e integrità che caratterizza la nostra esistenza. Il progressivo allontanamento dalla natura, dai suoi ritmi, dai suoi cicli, dalle sue stagioni è probabilmente la causa principale del disequilibrio che caratterizza l’individuo dell’epoca post-moderna.

Basti pensare che nella maggior parte delle tradizioni ancestrali, alcune delle quali sopravvivono ancora oggi alla ventata della globalizzazione, dominava una visione della vita definita “cosmico-rituale”. Per queste tradizioni, ogni elemento del visibile era manifestazione del divino. Questa sacralità mutava profondamente l’approccio che queste culture adottavano nei confronti della natura.

Se oggi andassimo ad analizzare il problema dell’inquinamento, giusto per citare un esempio, arriveremmo molto probabilmente a stabilire che la radice di questo fenomeno risiede proprio in questo cambio di paradigma, che è stato operato nel corso dei secoli e delle trasformazioni sociali che si sono susseguite.

Un albero non è più manifestazione del divino, bensì un oggetto da cui trarre innumerevoli altri oggetti, che soddisferanno i nostri bisogni quotidiani.

Questa visione consumistica, e non più sacrale, è estendibile a qualsiasi altro ambito della vita umana: da un pezzo di legno a una pianta, dalle relazioni tra persone a quelle con gli animali. 

Provate ad immaginare se iniziassimo da domani a vedere tutto ciò che ci circonda, compreso il nostro stesso corpo, come qualcosa di sacro a cui dobbiamo riservare la massima cura? Muterebbe l’intera società.

Autosufficienza: ponte per un ritorno alla natura

Il 3 giugno 2020 è iniziata la mia esperienza di volontario presso il Centro di Ecologia Applicata Autosufficienza. Da lì, una serie di vicissitudini e non me ne sono praticamente più andato. Oggi vivo in questo magnifico luogo, che è anche l’azienda in cui lavoro e la terra in cui nascerà, fra pochi giorni, mio figlio.

Qualche anno fa cercavo un progetto in cui veicolare i miei talenti e potermi mettere al servizio del bene comune. Dopo un periodo di nomadismo, ho scelto di mettere radici qui. Mi sono reso conto che è un luogo che sotto molteplici punti di vista ha un potenziale strabiliante di trasformazione.

Ci vorrebbero centinaia di pagine per raccontare quello che ho visto qui. Ora però vorrei porre l’attenzione su alcuni particolari, che all’apparenza potrebbero sembrare di poco conto, ma che in realtà rappresentano un’importante ponte per operare un riavvicinamento alla natura che, come specificato prima, costituisce probabilmente il fondamento da cui dovremmo ripartire per risolvere i problemi che viviamo oggi come specie e come società.

Il potere dell’ambiente

Ogni struttura presente ad Autosufficienza è realizzata con materiali naturali.

Nel tempio ottagonale, ad esempio, i muri portanti sono formati da balle di paglia, scarto della mietitura del grano che viene coltivato in questi stessi terreni. La maggior parte del mobilio interno è realizzato con legna proveniente dai boschi limitrofi. L’intonaco interno è fatto di argilla.

Entrando sembra di attraversare un bosco. L’odore, i colori e le forme ci riportano inconsciamente a quel senso di infinito che solo la natura è capace di evocare.

La forma ottagonale, le mezze lune con quarzo bianco sospese che indicano le 4 direzioni, il tao al centro della sala ci riconnettono alle energie del cosmo, a quell’interdipendenza tra cielo e terra che caratterizza la nostra natura più intrinseca.

Soffermiamoci un attimo sull’effetto che può avere tutto questo sulle migliaia di persone che vengono qua ogni anno. Questa atmosfera di natura tocca profonde corde interiori. Risveglia una natura selvatica, ancestrale, che ci permette di ricordarci chi siamo e da dove veniamo. Si tratta di un canale fondamentale per stimolare un riavvicinamento alla natura. Ma anche di un canale per espandere l’immaginario, da cui deriva il potenziale di azione di ogni persona: se penso che sia possibile costruire case esclusivamente attraverso l’utilizzo di cemento, non potrò mai prendere in considerazione l’idea che sia possibile realizzarle anche in balle di paglia.

Riguardo l’influenza che l’ambiente può esercitare su di noi, racconto sempre della testimonianza di una signora che venne un anno fa a pernottare nel monolocale Luna, uno degli alloggi dell’agriturismo Autosufficienza. La motivazione del suo soggiorno era molto semplice: concedersi tre giorni di relax in un luogo incontaminato come questo. Non era interessata alla filosofia del progetto o alle tematiche che vengono affrontate durante i nostri corsi.

Una volta tornata a casa, ha raccontato di aver vissuto un profondo disagio, senso di frustrazione e di smarrimento di fronte all’ambiente in cui aveva fatto ritorno: i colori monocromatici e le forme spigolose delle case, la sensazione di asetticità del contesto urbano, lo smog e i rumori del caos cittadino.

Ci ha chiamato per raccontarci del forte senso di nostalgia che stava provando rispetto ai giorni trascorsi qui. Il canto degli uccelli che accompagnava i colori dell’alba, le infinite sfumature di verde che coloravano il bosco, le forme morbide e gli intonaci delle strutture che richiamano la natura. E ancora, il cielo notturno straripante di stelle. 

Tutto questo le aveva risvegliato qualcosa che era silente da anni. Forse, dice, da quando era nata.

Il potere del cibo

La maggior parte della popolazione ormai si alimenta con cibi trasformati. Quanti hanno mai visto mungere una mucca da cui proviene il latte che beviamo? Quanti la macinatura di un chicco di grano da cui proviene la farina con cui facciamo il pane? Quanti hanno mai raccolto un ortaggio prima di mangiarlo nelle proprie tavole?

Può sembrare una banalità, ma sono proprio questi gesti quotidiani che mostrano in modo inequivocabile il grado di allontanamento dalla natura insito nell’essere umano post-moderno.

La cucina dell’agriturismo Autosufficienza, così come la pizza che sforniamo ogni martedì e sabato sera, produce un effetto molto interessante sulle persone che vengono a provarla. Una riscoperta di sapori semplici, un mix di colori, forme e odori che ci portano diritti all’abbondanza di Madre Terra.

La dieta diffusa nella società moderna propone una serie limitata di colori, di sapori, molti dei quali artificiali, che apparentemente invogliano solo gli occhi, ma poi lasciano indifferenti al gusto e al nutrimento. Per non parlare dell’energia che portano con sé.

In poche parole si tratta di tornare al respiro primordiale di Madre Terra. Bastano pochi semplici gesti per ricordarci chi siamo e da dove veniamo. E per avere una direzione più umana verso cui tendere.

Questo articolo è apparso sulla rivista Vivi Consapevole 73 (giugno/agosto 2023).