La parola a chi, nel quotidiano, si impegna per portare la libertà nella sua vita e nella vita di chi vive attorno a lui. Intervista a Francesco Angelo Rosso, classe 1985 e uno degli imprenditori più giovani della Romagna. La vita lo ha portato a vivere esperienze personali e lavorative volte alla ricerca della libertà. La vera libertà. Quella che non è priva di regole ma può essere sperimentata anche senza regole. Quella libertà che si attiene a procedure precise e che diventa libertà quan­do si lega all’autosufficienza. – A cura della redazione di Vivi Consapevole in Romagna.

Ti senti una persona libera?

Purtroppo no. Mi rendo conto in continuazione di di­pendere da schemi, condizionamenti e regole che mi imprigionano. Me ne rendo ancor più conto dopo es­sermi sentito libero per alcuni giorni.

Ti va di raccontarci come hai fatto a sentirti libero per qualche giorno?

Era febbraio, del 2014. Dopo un anno davvero stressante, decisi di mollare tutto per un mese. Presi un aereo per Koh Samui e poi un traghetto per Koh Phangan, una piccola isola della Thailandia, di cui mi aveva parlato un amico.
Ero solo, non avevo un programma. Dell’isola sapevo che avrei trovato famiglie che affittavano bungalow di legno immersi nella natura e vicino a splendide spiagge.
Quando arrivai, era buio e non avevo voglia di cercare un luogo dove dormire, così mi misi a camminare per due ore nella spiaggia sotto le stelle. Sulle spalle ave­vo 15 kg di zaino e tantissimi, troppi pensieri. Alla fine, esausto, al buio, non capendo nulla del luogo in cui mi trovavo, entrai nel primo hotel che vidi lungo la strada. Pochi minuti dopo, già dormivo.
L’indomani scoprii che mi trovavo in una parte dell’iso­la molto turistica e che invece dall’altra parte dell’isola, raggiungibile solo con una barchetta taxi, c’erano le famiglie con bungalow, immersi nella foresta di cui mi aveva parlato il mio amico.
Così presi una barchetta e mi feci lasciare nella prima spiaggia dalla parte opposta dell’isola. Mi misi nuova­mente in cammino e raggiunta un’altra spiaggia più piccola, fui attratto da una bellissima struttura in legno integrata nella roccia e fra gli alberi dal nome “The Sanc­tuary”. Scoprii che potevo dormire lì. C’era anche un ri­storante vegetariano e di pesce. Nella struttura c’erano templi in cui si fa yoga, una spa dove si fanno trattamen­ti e un bellissimo ecovillaggio integrato nella natura.
Prenoto subito un pernottamento in una stanza condi­visa sul mare (spettacolare!!!) a 5 dollari a notte. Presto mi accorgo di essere in paradiso…
Non ho con me il computer. Il cellulare è sempre spen­to. Nessuno mi cerca. Nessuno si aspetta nulla da me. Mi sveglio e mi alzo quando mi pare. Mangio quan­do mi viene veramente fame. Bevo cocco fresco sulla spiaggia. Leggo su un’amaca all’ombra di bellissimi al­beri e a pochi metri dal mare. Lascio andare tutti i pen­sieri che ho sulle spalle. Mi dimentico di tutto. Sono libero. Libero da qualsiasi condizionamento. Libero da qualsiasi cosa devo fare. Libero dai pensieri. Una luci­dità mentale raramente sperimentata.

Liberta-e-autosufficienza1[1]

 

Che meravigliosa esperienza! Mi hai trasmesso un forte desiderio di trovarmi nella stessa situazione. So che il tuo sogno è quello di creare una Fattoria Autosufficiente. Pensi che una volta autosufficiente potrai sperimentare la stessa libertà?

Prima di risponderti è necessaria una premessa su cosa per me è l’autosufficienza.
Potrei dire che autosufficienza è sinonimo di libertà, tant’è che il contrario di autosufficienza è dipendenza e se dipendiamo difficilmente siamo liberi.
Penso che tutti dovremmo rimboccarci le maniche e cercare di non essere più dipendenti dalle multinazio­nali per l’acqua, l’energia, il cibo e la salute. Purtroppo si ragiona raramente su questi aspetti, senza pensare da chi dipendiamo per vivere. La maggior parte dei co­siddetti popoli sviluppati ha lasciato la propria vita in mano a un piccolo gruppo di corporazioni di imprese multinazionali che ha come obiettivo principale arric­chirsi all’infinito, senza riguardo per la nostra salute e per l’ambiente, che vengono sempre dopo il profitto. Esiste solo un modo per liberarsi da questa oligarchia mondiale ed è smettere di comprare i loro prodotti. Già, se decidiamo di acquistare ciò che è possibile lo­calmente, abbiamo fatto un grande passo, stiamo aiu­tando la nostra comunità, stiamo contenendo il pote­re delle multinazionali, stiamo tessendo relazioni. Ma possiamo fare un passo ulteriore e ancora più nobile che è quello dell’autosufficienza. Solitamente l’auto­sufficienza è anche resilienza. In “Un istante dopo” di William R. Forstchen (Macro Edizioni 2011) l’autore fa una ricostruzione realistica di quello che accadrebbe all’umanità nel caso si verificasse un evento catastrofi­co imprevisto, che fa saltare la corrente elettrica per un periodo prolungato di tempo. Chi dipende da ospedali  e farmaci è senza speranza. Chi non ha cibo e dipende dal supermercato rimane a digiuno. Chi riceve l’acqua tramite lunghe reti, alimentate da pompe, rimane a secco.
Chi invece ha la propria acqua di sorgente o raccolta per caduta, il proprio orto, la propria legna per scal­darsi, autoproduce energia, si cura senza prodotti chi­mici… ha molte più possibilità di rimanere indenne rispetto a una catastrofe o comunque adattarsi a un nuovo modo di vivere.

Penso che tutti dovremmo rimboccarci le maniche e cercare di non essere più di­pendenti dalle multinazionali per l’acqua, l’energia, il cibo e la salute. Purtroppo si ragiona raramente su questi aspetti, sen­za pensare da chi dipendiamo per vivere

In definitiva la risposta qual è? Che una persona è libera quando non dipende dalle multinazionali e dai tanti condizionamenti da esse indotti. Se poi è libera in senso più ampio, questo non sono in grado di dirlo. Magari diventa schiava dell’orto e dei propri animali, ma almeno la cosa è sotto il suo controllo.

A che punto è il tuo sogno di Autosufficienza?

La Fattoria dell’Autosufficienza è già una realtà, anche se effettivamente non è ancora autosufficiente in tut­to, come vorrei.
L’acqua che usiamo è delle nostre sorgenti, in parte condivise con altri agricoltori, nostri vicini, tramite un consorzio che abbiamo creato insieme.
Il riscaldamento a legna funziona ovviamente con la legna del nostro bosco. I campi vengono pacciamati con il nostro cippato e la nostra paglia. Cerchiamo di autoprodurre i semi e in alcuni mesi dell’anno arri­viamo a circa l’80% di cibo autoprodotto.
Non utilizziamo prodotti chimici nei campi e neanche farmaci e antibiotici nei nostri corpi. Siamo molto in­dietro ancora sulla parte energetica, ma ogni anno ci sono dei miglioramenti.
In questi anni, nella ricerca dell’autosufficienza, ho compiuto una quantità di errori enormi che in fondo ho potuto permettermi.
Forse in futuro non potrò più permettermi di sbagliare e tutti gli errori che ho fatto mi saranno serviti.

Liberta-e-autosufficienza2[1]