Nel 2019 lavoravo come pizzaiolo in un locale della mia città di origine, Ancona. Una sera, un cortocircuito fece scoppiare un incendio. I lavori di ristrutturazione durarono un mese e durante quel periodo colsi l’occasione per viaggiare un po’.

Tommaso Carmenati | Custode del Centro Autosufficienza

Era ottobre e, come ogni anno, si svolgeva il salone del camper a Parma. Decisi, assieme alla mia compagna, di andarci e di soggiornare qualche notte nella zona, in un agriturismo immerso nel verde. Ne trovammo uno a Modena, ma per un errore del gestionale la prenotazione non andò a buon fine. Scegliemmo quindi di cercare un altro luogo lungo il tragitto verso casa.

Fu così che scoprimmo la Fattoria dell’Autosufficienza. Quel nome, al tempo, non suscitò in me chissà quale interesse, nonostante fossi nel pieno di un percorso di cambiamento. Sapevo esattamente ciò che non volevo, ma ancora non ero a conoscenza di ciò che volevo. Ero un po’ come il protagonista de L’alchimista di Paulo Coelho, alla ricerca di indizi.

Nel tragitto che portava alla Fattoria, volevamo individuare dei luoghi interessanti da poter conoscere. Scoprimmo, curiosando nel blog del sito autosufficienza.it, che c’era un collegamento tra questa, Remedia Erbe e Macrolibrarsi.

Ci fermammo a visitare questi due luoghi. Immaginate il grado di sorpresa ed euforia di una persona che sente risonanza con un certo tipo di ambienti, ma che ancora non ha trovato niente di concreto che li rappresenti. Ci sono delle volte in cui capita di essere in un posto, non sai esattamente il perché, ma senti che quel posto è capitato nella tua vita per un preciso motivo. Questo era ciò che sentivo.

Quando tutto ti dice di tornare

Finalmente arrivammo a Paganico, nei pressi di Bagno di Romagna, località in cui sorge la Fattoria dell’Autosufficienza. Ad accoglierci c’era Francesco Rosso, ideatore del progetto, che quel giorno sostituiva la ragazza della reception. Se quel giorno non ci fosse stato lui tutto ciò che sto per raccontare non sarebbe mai accaduto. Coincidenza?

Descrisse nei minimi particolari la stanza in cui alloggiavamo, camera monte Comero (io sono originario di Ancona e dal balcone di casa mia si vede il monte Conero. Anche questa una casualità?). Non credevo ai miei occhi: davvero esistevano realtà di questo tipo in Italia? Il giorno seguente l’allora responsabile dell’orto, Andrea, ci accompagnò a visitare l’azienda. Era una sorpresa dopo l’altra. Mi sembrava di sognare ad occhi aperti.

Al momento del check-out notai un cartello appeso nella parete in legno che costeggia la reception, che indicava l’appartenenza della Fattoria dell’Autosufficienza a WWOOF Italia, un’associazione presente in tutto il mondo che permette a giovani volenterosi di approfondire il mondo dell’agricoltura attraverso un periodo di volontariato presso aziende agricole biologiche.

In quel periodo aggiornavo costantemente una wish list, una lista dei desideri, in cui annotavo tutto ciò che avrei voluto fare nella mia vita. Fare WWOOFing all’Autosufficiena rientrava a pieno titolo in quella lista.

La prima esperienza come WOOfer

L’anno dopo, appena tornato da un viaggio di tre mesi tra la Thailandia e Bali, scoppiò la “pandemia”. Durante quel periodo Macrolibrarsi organizzò un webinar, Vivi Consapevole Live. Ecco la Fattoria dell’Autosufficienza che tornava. Furono tre giorni di grande arricchimento e ispirazione. Mi sentivo meno solo nell’immaginare un mondo diverso. Più Umano, più Vero. Pochi giorni dopo mi ritrovai a camminare per boschi con il titolare della pizzeria dove lavoravo. Quando arrivammo alle macchine la mia non partiva. Dovetti chiamare il carro attrezzi. Nel tragitto di ritorno a casa, che fui costretto a fare a piedi, mi venne la pazza idea di chiamare la Fattoria per propormi come volontario.

Le condizioni per tornare a viaggiare c’erano. La storia con la mia ex compagna era appena finita. L’entusiasmo per Vivi Consapevole Live era ancora al suo apice. Durante il webinar però molte persone avevano richiesto informazioni per fare WWOOFing, per cui le probabilità che ci fosse posto erano scarse. Chiamai. Mi risponse Marzia, la ragazza che si occupava della segreteria. Mi disse che proprio il giorno prima due ragazzi avevano deciso di interrompere la loro permanenza lì. Se avessi confermato subito, mi sarei assicurato il posto. Non potevo ignorare tutte queste strane coincidenze. Il cuore mi portava lì. Gli indizi pure. Era tempo di fare questo salto nel vuoto. Quella chiamata cambiò per sempre la mia vita.

A giugno 2020 mi ritrovai a fare la mia prima esperienza di WWOOFing alla Fattoria. Dovevo rimanere un mese. Divennero tre. Nel 2021 tornai lì per fare delle interviste per il progetto-blog che seguivo allora, Una Goccia nell’Oceano. Alla fine rimasi anche quell’estate ad aiutare. L’inverno lo trascorsi lì con il mio camper. Ora sono qui. Sto scrivendo davanti a un panorama che ho la fortuna di poter ammirare ogni giorno. Le forme morbide, il canto degli uccelli, le sfumature del verde. Questo è il luogo in cui ho deciso di mettere radici. Questo è il luogo in cui ho deciso di veicolare le mie energie per poter costruire un mondo migliore.

Lavoro e non-lavoro

Da quest’anno la mia forma di collaborazione è cambiata. Ora lavoro a tempo pieno per questo progetto. Mi occupo delle visite guidate, della comunicazione e dell’organizzazione eventi. Mi capita spesso di dare una mano anche in altre mansioni. Ciò che è accaduto però è molto di più. È molto più entusiasmante.

Consapevole dell’urgenza che c’è in questa società di cambiare direzione, ho sentito come questo luogo avesse le potenzialità giuste per fare qualcosa di davvero importante. Le persone che ci vivono, i valori che le animano. Per la prima volta posso dire di non stare lavorando, nonostante queste attività occupino gran parte della mia giornata. Anche quando mi trovo a lavare i piatti, con tutto il rispetto della mansione, so che sto contribuendo a qualcosa di molto più grande. Conferire un senso a ciò che facciamo ci permette di cambiare totalmente prospettiva e smettere di parcellizzare la giornata “in lavoro” e “non lavoro”.

Questo è il più grande insegnamento che ho maturato in questa prima parte della mia vita: conosciti a fondo, liberati da ciò che non fa parte della tua natura, scopri il perché sei venuto in questo mondo e metti il fuoco che ti accende al servizio della collettività.

Cambiare il mondo: autosufficienza, salute, comunità

Perché l’autosufficienza può cambiare il mondo? Che cosa vuol dire questo termine? Introduco le visite guidate sempre con una breve riflessione. L’autosufficienza non riguarda solo l’essere indipendenti relativamente al procacciamento di acqua, cibo o energia. E allora cosa vuol dire? Pur semplificando, possiamo affermare che i fenomeni che osserviamo nella società sono il risultato della somma delle azioni che compiamo come singoli. Le azioni che compiamo derivano dalla capacità di gestire la nostra mente, dal rapporto che abbiamo con le nostre emozioni, dall’equilibrio tra la dimensione spirituale e quella materiale. Se non conosciamo i nostri bisogni, la nostra interiorità, i nostri talenti, le nostre passioni, come possiamo pensare di tendere anche solo minimamente all’autosufficienza? In un mondo globalizzato dove l’informazione main stream riesce a direzionare i pensieri delle masse, se non coltivo una coscienza su vari aspetti della vita, come penso di rimanerne indenne?

Ecco perché autosufficienza non è solo mangiare il proprio cibo o “saper fare” lavori manuali.

E allora che differenza c’è tra l’autosufficienza e la salute? Se per salute non intendiamo l’assenza di malattia ma l’integrità di tutti i sistemi viventi, questi due concetti diventano convergenti.

Se io ho un buon equilibrio con le mie emozioni e quindi sono consapevole del perché faccio ciò che faccio, automaticamente non attuerò comportamenti autolesivi come fumare. Per cui questa sarà un’azione che andrà verso l’autosufficienza e la salute allo stesso tempo.

Se io ho una coscienza dei miei reali bisogni, non mangerò cinque volte al giorno ma magari due, o una. E questo innescherà una serie di reazioni a catena: diminuzione della richiesta di cibo al mercato globale, minor inquinamento, diminuzione del mio stato di infiammazione e dunque miglioramento del mio umore, del mio stato di salute generale e quindi miglior rapporto con gli altri, grado energetico più alto, minor bisogno di sostegni sociali sanitari. Tutto questo avrà un riverbero nella collettività. Gli esempi potrebbero continuare all’infinito. Non a caso Maria Teresa di Calcutta stessa asseriva che è la goccia a comporre l’oceano e senza una goccia l’oceano non sarebbe lo stesso.

Ecco perché l’autosufficienza può cambiare il mondo. Ecco perché questa è una strada che, seppur in modo progressivo, va intrapresa quanto prima. Ogni giorno, in ogni istante, noi possiamo scegliere con le nostre azioni in quale direzione far andare la società. È fondamentale non sminuire mai il singolo gesto, il singolo individuo.

Comunità come sostegno reciproco

Comunità non è da fraintendere con eco-villaggio o tutte le forme di condivisione dell’abitare sempre più in voga al mondo d’oggi. Comunità vuol dire ripristinare uno spirito di sostegno reciproco. Comunità vuol dire ritornare a esseri umani. Perché la specie umana non è la specie più forte o che ha i migliori sistemi di termoregolazione interni. La specie umana ha conquistato il primato nella catena alimentare grazie al suo senso innato di collaborare, di fare clan. Ma il senso di comunità è quello che possiamo trovare nelle famiglie e nei vicinati di cinquant’anni fa. È quello presente ancora in tutti i contesti che riescono a resistere al vento della globalizzazione. Vuol dire esserci l’uno per l’altro. Vuol dire mettere al servizio di molti il talento di uno.

Comprendere questo aspetto è cruciale per tendere verso l’autosufficienza e quindi verso la salute. Pensate a una coppia di giovani che ha appena messo al mondo un figlio. Crescerlo senza il sostegno di un gruppo può avere ricadute pesantissime. Se una mamma si trova spesso sola perché magari il padre lavora, questa dovrà mettere da parte tutte le sue passioni per dedicarsi anima e corpo al figlio. Quante depressioni post parto sono legate a questa condizione? E quanto questi quadri clinici hanno ripercussioni sull’integrità della persona interessata, del partner e della collettività tutta?

Utopia concreta

Quando Francesco fondò la Fattoria dell’Autosufficienza sapeva già che l’autosufficienza sarebbe stata un’utopia: non è possibile che in un singolo luogo ci sia tutto ciò di cui si ha bisogno per vivere.

Ecco allora che, nel 2020, è stata fondata la comunità di territorio dei Custodi della Terra. Si tratta di un gruppo di realtà virtuose che si sono unite per portare valore nel proprio territorio. Remedia, Autosufficienza, Cambio di Marea, Biopificio, Matura Bio, Nel Nome del Pane, Disimparando s’impara, Tecnologie Alternative: queste realtà stanno cercando di diventare il cambiamento che vorrebbero vedere nel mondo e hanno compreso che da sole la strada sarebbe stata molto più ardua rispetto all’azione di gruppo. Partire da un territorio per contaminarne altri. Come una palla di neve che quando cade genera una valanga.

Da sempre desideravo viaggiare, scoprire la diversità che abita questo mondo, le culture, i riti, gli usi, i costumi, le tradizioni. Qui sono riuscito a sperimentare un’altra forma di viaggiare. Qui ho capito che con l’esempio, la coerenza, il cuore è ancora possibile cambiare il mondo. Qui ci sono un pugno di uomini e di donne. Semplici. Con pregi e difetti. Attanagliati ancora dalle debolezze e dai vizi che caratterizzano il genere umano, ma in cammino verso una consapevolezza sempre più profonda. Ciò che mi importa, però, è che questo gruppo coltiva nel cuore la volontà di veder crescere i propri figli in un mondo pieno di bellezza. E quando senti questo nel cuore, la strada potrà pur essere in salita. Ma difficilmente qualcosa ti fermerà.

Questo articolo è apparso sulla rivista Vivi Consapevole 71 (dicembre/febbraio 2023).